RP Liguria

Prospettive della Ricerca

Gli importanti passi fatti dalla tecnologia ed il rilevante impatto sociale rappresentato dalle malattie retiniche, hanno sicuramente contribuito in questi ultimi anni a vivacizzare la ricerca scientifica. Ricerca che molte volte ha permesso, per determinate patologie, di rivoluzionare gli approcci terapeutici come per esempio nel caso delle malattie della macula. Come dicevamo nel capitolo delle maculopatie, negli ultimi dieci anni per la forma umida, si è passati, dall’approccio con tecnica laser (che oltre a distruggere i vasi anomali tipici della malattia, danneggiava i fotorecettori ad essi vicini), alla terapia antiangiogenica, mediante farmaci in grado di evitare la proliferazione dei vasi, senza però colpire le cellule retiniche ancora funzionanti. Si tratta di un progresso terapeutico sicuramente molto significativo. Tra è l’altro notizia recente l’ulteriore evoluzione in questo settore: la FDA (Food and Drug Aministration) degli USA ha infatti approvato “Aflibercept”, il terzo farmaco antiangiogenico specifico che, a differenza di quelli usati sino ad oggi, permetterebbe di effettuare minori somministrazioni con vantaggi in termini di invasività e costi, mantenendo le stesse prerogative per quanto riguarda l’efficacia e le controindicazioni. L’approvazione di questo nuovo farmaco, che verrà presto commercializzato anche in Europa, si è basata sui risultati evidenziati in due studi clinici internazionali di fase 3 (View 1 e View 2) nei quali il nuovo farmaco è stato confrontato con il Ranibizumab.Molte studi e lavori scientifici sono stati possibili inoltre, grazie alle nuove tecnologie diagnostiche. in questi anni, per esempio, l’evoluzione nelle tecniche di imaging ha permesso di affiancare ad esami come la fluorangiografia, quelli eseguiti con l’OCT (Tomografia a Coerenza Ottica) che, in molti casi, si sono rivelati essenziali, anche se complementari alla fluorangiografia stessa per il follow-up dei pazienti in trattamento. Va considerato inoltre che questa metodologia si è ulteriormente affinata con gli OTC di nuova generazione, che permettono di monitorare e valutare con estrema efficacia gli effetti dei trattamenti e delle sperimentazioni.Anche il campo della biologia molecolare ha concretizzato risultati importanti che aiutano le ricerche. In pochi anni si è passati dal sequenziamento diretto di un gene alla volta ai micro-array, in grado di valutare solo un gruppo di geni ben definito per mutazioni conosciute ai fini di diagnostica, all’attuale sistema NGS (New Generation Sequencing) in grado di fornire i dati di grandi regioni genetiche del DNA, dati che risultano indispensabili per la ricerca biologica di base.Ovviamente per brevità descrittiva su una materia cosi vasta risulta difficoltoso poter essere esaustivi, ma in sintesi una cosa è certa : l’evoluzione della ricerca, la sua vivacità, il suo dinamismo e la molteplicità dei siti coinvolti non può non generare per il futuro pensieri assolutamente ottimistici nel poter vedere (è proprio il caso di dirlo) in tempi relativamente brevi, nuove opportunità per affrontare le problematiche legate alle malattie retiniche.Ma vediamo una breve sintesi i filoni più promettenti in cui si muove la ricerca:

La Genetica

Si propone di identificare il gene od i geni responsabili della malattia, per poter formulare terapie farmacologiche o intervenire con le moderne tecniche dell’ingegneria genetica.La  terapia genica, che si attua attraverso l’utilizzo di vettori virali (Lentivirus e Adenovirus) che sono in grado di trasferire il DNA sano per rimpiazzare le proteine difettose, sembra essere la soluzione più promettente. Per alcuni pazienti affetti da Amaurosi congenita di Leber (LCA), dovuta alla mutazione del gene RPE65, sono stati già raggiunti importanti e significativi risultati utilizzando questo approccio terapeutico.L’Amaurosi congenita di Leber, è molto affine alla Retinite Pigmentosa, così come il gene RPE65 risulta anch’esso implicato in alcune forme di RP.-Sempre in merito alla terapia genica, attualmente sono in corso sperimentazioni su persone affette da malattia di Stargardt e da particolari forme di Retinite Pigmentosa.

Terapia neuroprotettiva

Sono allo studio sostanze atte a bloccare l’accumulo e gli effetti tossici nei confronti dei fotorecettori e della retina e i primi risultati sembrano essere confortanti. Sempre nel campo della neuroprotezione, è in via di sperimentazione un fattore neutrofico derivato da cellule umane modificate geneticamente ed inserite in una capsula a lento rilascio, che, nei modelli animali affetti da retinite pigmentosa ha dato prova di un rallentamento della progressione della degenerazione dei fotorecettori. Ad un anno dall’inizio di questa sperimentazione in uno studio di fase 2, la terapia, ha dimostrato di essere ben tollerata e di rallentare la perdita di visus nei pazienti con atrofia retinica .

Terapia farmacologica

Come abbiamo già riferito nei precedenti capitoli, un ruolo importante nell’insorgenza e nella progressione di alcune malattie retiniche come la Degenerazione Maculare, è svolto dai processi ossidativi e infiammatori cronici. Sono attualmente in fase di sperimentazione a vari livelli sostanze con attività antiossidante, antinfiammatoria, immunosoppressiva, particolarmente indicate per entrambe le forme di Degenerazione Maculare.Alcune altre terapie farmacologiche, già in sperimentazione sull’uomo, riguardano l’aspetto genetico, infatti si rivolgono solo a pazienti affetti da RP o LCA con determinate precise mutazioni.

Terapia cellulare e cellule staminali

L’utilizzo di cellule staminali riveste particolari implicazioni di ordine etico e morale a seconda della loro origine. Senza entrare nel merito, possiamo dire che in questo campo sono molti i tentativi sperimentali con vari tipi di cellule, atti a sostituire i fotorecettori non più funzionanti o tesi a preservarne il decadimento. Queste sperimentazioni riguardano in linea generale molte distrofie retiniche.Lavori di recente pubblicazione hanno dimostrato che il trapianto di precursori di fotorecettori in modelli di topo con degenerazione retinica può portare ad un miglioramento della funzione visiva.Altresì molti studi stanno verificando la possibilità di generare fotorecettori a partire da cellule staminali embrionali, e studi ancora più recenti, che superano le questioni di tipo etico dell’utilizzo delle cellule staminali embrionali, sono orientati al trapianto autologo utilizzando cellule “quiescenti” prelevate negli occhi dello stesso del paziente.Al riguardo specifico delle persone affette da Degenerazione Maculare in forma secca, è notizia recente la concessione dell’autorizzazione da parte della FDA alla società di ricerca Stem Cells, affinchè possa iniziare un trial clinico sperimentale con cellule staminali neuronali di origine umana, con l’obiettivo di preservare il decadimento e fornire una protezione duratura alle cellule retiniche.

Protesi visive

Destinate a coloro che a causa della malattia hanno le cellule retiniche completamente danneggiate, oggi sono una realtà che ha già trovato applicazione clinica sull’uomo. Naturalmente bisogna considerare che queste protesi sono ben lungi da restituire la vista, ma attualmente si limitano a dare una “sensazione visiva” attraverso un percorso riabilitativo più o meno lungo che il paziente deve seguire. Questo non deve comunque “sminuire” la grande valenza dei risultati raggiunti, in quanto il paziente, a seconda del suo stadio di apprendimento, con queste protesi è in grado di distinguere oggetti e forme altrimenti a lui non visibili, migliorando quindi potenzialmente la sua autonomia. Da considerare inoltre che questi dispositivi sono in costante aggiornamento e miglioramento.Sempre nel campo delle protesi, attualmente è stato realizzato un prototipo di retina artificiale dai ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) utilizzando un polimero semiconduttore che ha una struttura accomunabile con quella della proteina che rende la retina umana sensibile alla luce. I primi risultati sono assolutamente incoraggianti.